________ITALIA: BENETTON NE FA DI TUTTI I COLORI
Nella provincia di Catania alcune indagini condotte dai carabinieri hanno fatto emergere episodi di sfruttamento del lavoro fra i laboratori tessili che producono per prestigiose aziende nazionali, fra cui Benetton. Ciò che viene alla luce è un quadro più veritiero delle condizioni in cui sono confezionati tanti capi díabbigliamento che si avvalgono del marchio "made in Italy" in uno dei settori più tradizionali del nostro lavoro. Eí una realtà da terzo mondo quella scoperta in Sicilia, con minorenni e adulti occupati illegalmente e sottopagati, che accomuna il marchio Benetton a quello di concorrenti che certo con minore ipocrisia hanno preso la strada della Cina o del Pakistan.
Fa parte dell'impegno di ogni cittadino operare scelte di consumo responsabili privilegiando líacquisto di merci ottenute nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dellíambiente. Nel settore del tessile, ci si è sempre affidati ad articoli di fabbricazione italiana, accettando di spendere un po' di più, nella convinzione che il marchio "made in Italy" fosse sinonimo di rispetto delle leggi di civiltà che il nostro paese si è dato. Oggi si sa che non è così, che quel marchio non è un criterio sufficiente per guidare le nostre scelte, perché chiunque può servirsene, in modo ingannevole, contro le nostre convinzioni più profonde.
Lo spunto per questa articolo proviene dalla testimonianza di uníoperaia della "Bronte Jeans", una delle aziende indagate nel catanese, raccolta da una grande emittente radiofonica di Milano, "Radio Popolare". La donna riferisce di episodi di sfruttamento non dissimili da quelli che siamo soliti incontrare nelle nostre ricerche sulle condizioni di lavoro in Asia : retribuzioni reali pari a meno della metà di quelle dichiarate (la donna percepiva uno stipendio di 450-500mila lire al mese), straordinari imposti dalla necessità con maggiorazioni arbitrariamente calcolate, ritardi nei pagamenti, intimidazioni, minacce di licenziamento. Uno sciopero proclamato dalle lavoratrici si conclude con un tentativo di aggressione fisica e alcuni licenziamenti. Fra i committenti, líoperaia cita grandi firme di abbigliamento italiano fra cui Benetton. Nei fatti riferiti non sono segnalati casi di sfruttamento del lavoro minorile, ma su questo punto si attendono gli esiti degli accertamenti disposti dalla magistratura.
Dalle dichiarazioni di un addetto stampa, rilasciate alla stessa emittente, risulta che Benetton avrebbe sottoscritto con il sindacato un codice di comportamento ispirato alla "Fair trade chart" emanata dallíOrganizzazione Internazionale del Lavoro. Ora, è risaputo che i codici di comportamento non sono di per sé garanzia di buona condotta se nessuno ne verifica il rispetto. E questa verifica non deve esserci stata se vengono alla luce casi come quello denunciato dallíoperaia della "Bronte Jeans". Del resto, sembra francamente improbabile che Benetton fosse allíoscuro di ciò che accadeva non in una singola azienda ma, sistematicamente, in due interi paesi. Insospettisce il silenzio dell'azienda di fronte ad articoli comparsi su grandi quotidiani nazionali, come "Il Corriere della Sera" e "La Repubblica", che la chiamano direttamente in causa insieme ad altre. Eí un silenzio più eloquente di tanti elaborati messaggi pubblicitari.
Cíè da ricordare, infine, un altro aspetto della questione che può in parte spiegare il manifestarsi di casi come quello di Bronte e di Randazzo, e cioè le condizioni imposte ai laboratori che lavorano su commissione. Un articolo apparso su "Il Manifesto" il 28 giugno 1997 riferiva di una dimostrazione di piccoli imprenditori in conto terzi proprio davanti alla sede di Benetton. Lamentavano un malessere diffuso: pagamenti dai committenti con scadenze fino a 180 giorni, ordinazioni per telefono senza nessun vincolo contrattuale, produzioni per grandi quantitativi in tempi strettissimi.
Ci si chiede, in conclusione, se uníazienda florida come Benetton, che gode di una grande popolarità pur non vendendo a prezzi "popolari", non debba sentire il dovere, anche alla luce di quanto sta emergendo, di assumere su di sé per intero il rischio díimpresa assicurando al mercato quella correttezza e quella trasparenza di cui i consumatori avvertono sempre più líesigenza.
FONTE: COORDINAMENTO LOMBARDO NORD-SUD - FEBBRAIO 1998
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______________________ITALIAEgr. Sig. Luciano Benetton
BENETTON GROUP S.p.A.
Via Villa Minelli, 1
31050 Ponzano (TV)
Egregio Sig. Presidente,
siamo venuti a conoscenza di recenti episodi di sfruttamento del lavoro emersi da indagini condotte dai carabinieri nella provincia di Catania fra i laboratori tessili che producono per prestigiose aziende nazionali fra cui quella che Lei rappresenta.
Sappiamo che Lei avrebbe sottoscritto con il sindacato un codice di comportamento ispirato alla "Fair trade chart" emanata dallíOrganizzazione Internazionale del Lavoro. Ora, è però risaputo che i codici di comportamento non sono di per sé garanzia di buona condotta se nessuno ne verifica il rispetto.
La preghiamo di farci conoscere quali provvedimenti intendete assumere - non quelli che avete assunto finora, perché è evidente che non hanno funzionato - per evitare che episodi come quelli ricordati abbiano a ripetersi.
Nellíattesa, porgiamo cordiali saluti.