Come nelle altre industrie filippine che producono per l'esportazione, i lavoratori nelle fabbriche di giocattoli devono spesso affrontare l'incertezza di lavori temporanei dovuti al calo della domanda, a ritardi nei pagamenti, a possibili sospensioni dello stipendio e addirittura alla chiusura degli impianti.
L' INDUSTRIA DI GIOCATTOLI HOREI
Un esempio recente è la ditta Horei Philippines Inc, di proprietà giapponese, situata nella Cavite Export Processing Zone dov'erano impiegati circa 200 lavoratori nella produzione di pupazzi per l'esportazione.
Nell'aprile 1996 i lavoratori si rivolsero ad un Centro di Assistenza dopo che l'impresa non aveva pagato i salari per più di un mese. Infatti dall'inizio dell'anno i pagamenti erano stati irregolari: invece di ricevere 2.000 peso (136.000 lire) al mese ne ricevevano 300 o 500; i pagamenti per le maternità erano arrivati in ritardo e incompleti; addirittura l'impresa non aveva effettuato i pagamenti al Fondo di Previdenza dal settembre 1995, nonostante fossero state fatte le detrazioni sui salari. Entro la fine di aprile l'amministrazione disse ai lavoratori che la fabbrica avrebbe chiuso nella prima settimana di maggio. Il Centro di Assistenza dei Lavoratori, vista la loro preoccupazione, ha creato con il consenso degli operai un'associazione di solidarietà denominata "Horei Chapter of the Solidarity for Christian Workers" (SCW): questa fu di aiuto ai lavoratori per iniziare trattative con l'amministrazione nonostante nella zona tale tipo di oganizzazione fosse vietata.
Le condizioni di lavoro alla Horei erano sempre state pessime: durante il periodo di massima produzione gli operai lavoravano ininterrottamente dalle 8 del mattino alle 2 del giorno successivo, e in due occasioni addirittura per 24 ore senza pausa.
Nel 1995 i lavoratori sono stati visitati nella clinica della zona solo una volta, senza tornare successivamente (solo la ditta può fare effettuare dei check-up gratuiti). Quando si è scoperto che alcuni lavoratori soffrivano di disturbi sono stati lasciati a casa per 2 mesi dall'azienda; al loro ritorno sono stati sottoposti ad un check-up. Dieci fra questi presentavano ancora gli stessi disturbi e sono stati licenziati senza alcun compenso.Gli operai del reparto resine della fabbrica soffrono ancora di problemi respiratori; le mascherine che usano sono scadenti e non efficaci contro i rischi di inalazioni e contatti con le sostanze nocive.
Nel maggio `96 la ditta chiuse con la promessa di riaprire tre mesi dopo con l'intento di assumere solo 50 dei 200 operai.
L' INDUSTRIA DI GIOCATTOLI ACADEMY PLASTIC MODEL
Dal 1995 i lavoratori della fabbrica di proprietà coreana situata nella Zona Industriale di Esportazione di Cavite, sono stati costretti a effettuare straordinari, lavoro non retribuito e a subire licenziamenti ingiustificati. La ditta Academy Plastic Model Toy Co. produce pistole giocattolo (Beretta, Smith & Wesson, ecc) automobiline e robot giocattolo (come Gun Dam e Steel Man).
Sebbene la giornata lavorativa finisca alle 16.45, i lavoratori sono costretti ad effettuare quattro ore di straordinari ogni giorno per 6 giorni alla settimana. In aggiunta gli operai devono arrivare sul posto di lavoro alle 7.15 per effettuare pulizie di ogni genere in tutta la fabbrica, lavoro per il quale non sono pagati. Durante lo scorso anno i lavoratori sono stati sostituiti da altri assunti con contratti bimestrali; mentre gli operai "regolari" ricevevano 157 peso al giorno, quelli con contratto a due mesi ricevono solo 116 peso al giorno. Addirittura alla scadenza dei due mesi di contratto gli operai vengono rimpiazzati con operai nuovi.
Per giustificare i licenziamenti dei lavoratori "regolari" l'amministrazione li ha accusati di negligenza, perdita di tempo, ritardi, assenteismo, ecc., costringendoli pertanto a "dimissioni volontarie"; inoltre questi lavoratori licenziati non ricevono alcuna liquidazione.
Nonostante questa pratica sia comune, i lavoratori licenziati non coincidono con il numero esatto dei lavoratori costretti a rassegnare le dimissioni dal 1995. Secondo Padre Jose Dizon: "Dobbiamo capire che questi lavoratori, sebbene siano stati maltrattati dall'impresa, hanno paura a diffondere informazioni sulle loro condizioni di lavoro, temendo che ciò si ritorca contro di loro. Questo da l'idea del clima di terrore verso i sindacati qui nella zona di Cavite"[
Dal 1985, la Corea del Sud ha assistito ad un cambiamento nella direzione dell'investimento dal lavoro intensivo nel campo dei giocattoli e dell'industria tessile all'industria pesante. Con il 1987 molte di queste industrie manifatturiere leggere si sono spostate oltremare cambiando le loro linee di produzione o chiudendo la fabbrica. Ciò ha messo sotto pressione le rimanenti fabbriche per essere più competitive, aumentando inoltre i problemi dei lavoratori coreani.
Nel 1987 la produzione totale dell'industria del giocattolo era pari a 2.133 miliardi di lire. Con il 1994 questa cifra scese a 566 miliardi di lire. Un'altra evidenza dello spostamento oltremare è il declino della merce prodotta in casa in Corea del Sud. Nel 1985 il 93,7% del mercato domestico era composto da merce prodotta in Corea del Sud; con il 1994 questa cifra scese al 57.8%, indicando il forte arrivo di prodotti fabbricati all'estero. Al dicembre 1994 c'erano un totale di 147 società di giocattoli, che impiegavano 6.246 lavoratori.
Le paghe erano basse, se comparate alle altre industrie in cui gli uomini percepivano 700.000 won al mese e le donne 550.000 won. La settimana lavorativa era tipicamente di 53 ore per 6 giorni alla settimana. Molte piccole famiglie divennero delle piccole aziende di giocattoli, subappaltando il lavoro e se il lavoro era troppo pesante da fare in un giorno, quest'ultime assumevano qualche operaio solamente per quel giorno. Piccoli prodotti furono presi in appalto da lavoratori che svolgevano il lavoro a casa. Ma adesso le grandi compagnie lasciano ancora in Corea del Sud gli uffici per lo sviluppo dei nuovi prodotti e producono materialmente i giocattoli all'estero.