"RIVEL'AZIONE"
di Giacomo Verde |
Nel corso di una performance si distrugge un televisore estraendone l'anima metallica che viene dipinta e collocata al centro di un grande Mandala che contiene 4 schermi-TV orientati in senso antiorario. Due videocamere riprendono e registrano tutte le fasi della realizzazione: la distruzione del televisore, l'estrazione della sua anima metallica, la sua trasformazione in “opera pittorica”, la collocazione al centro del Mandala e l'inquadratura finale che avvierà la pulsazione dei quattro monitor. Una colonna sonora che remixa arcaico e moderno (voci dalla Sardegna e dal Tibet, launeddas, zampogne, industrial-noise e etno-jazz) accompagna le diverse fasi di realizzazione. Alla fine della performance la registrazione video viene ritrasmessa dai quattro monitor interni al Mandala e da altri due monitor posti a terra davanti al Mandala. Così l'installazione ritrasmetterà continuamente anche la sua genesi. Su
“Rivel'Azione 2010” “Rivel'Azione
è un'installazione-performance che gioca, a diversi livelli, sulla
rivelazione del possibile rapporto tra scultura, pittura e
televisione e i loro diversi tempi di percezione. L'intenzione è
quella di creare un grande “mandala meditativo occidentale” sulla
costruzione dell'opera visiva nel mondo-tempo delle immagini.”
Così presentavo il progetto dell'installazione nel dicembre del 1989, un mese dopo averla realizzata a Melbourne, nella vetrina di un negozio in disuso per un festival dedicato alla creatività italiana. L'ho poi replicata una sola volta al Festival di Arti Elettroniche di Camerino nel 1990. Sono passati venti anni ma il valore e il senso di questa “oper'azione” rimangono per me sempre attuali. Dagli anni '90 in poi mi sono dedicato all'arte interattiva e all'utilizzo del video in teatro, abbandonando quasi del tutto la ricerca nel campo della video-arte. Ma l'invito alla mostra della Fondazione Ragghianti di Lucca, per il maggio 2010, mi è sembrata l'occasione giusta per riproporla. La fase finale dell'installazione, il passaggio dal livello strutturale a quello estetico, è volutamente reso pubblico attraverso un vero atto performativo. Quasi un rito laico. Le video-macchine vengono accese e il performer estrae “l'anima metallica” da un vecchio monitor per trasformarla in un'opera di “pittura tridimensionale”. Dipinge anche il pannello circolare, il mandala, che contiene quattro monitor disposti a croce e con il centro vuoto, pronto ad accogliere la scultura dipinta realizzata con “l'anima-del-monitor”. Tutto viene registrato e poi ritrasmesso nei monitor dell'installazione. Mandala in sanscrito vuol dire “cerchio magico” ed è utilizzato in diverse culture da molti secoli per rappresentare le proprie connessioni cosmogoniche, la propria rappresentazione del “mondo” sia materiale che spirituale. E' utilizzato come strumento di meditazione specialmente nel Buddismo Tibetano. Ma si trovano anche mandala cristiani, maya, induisti, animisti e tra gli indiani del nord America. E tutti raccontano la profonda connessione tra le “cose del mondo”; il loro centro è allo stesso tempo arrivo e partenza, inizio e fine, entrata ed uscita. Il mandala di Rivel'Azione quindi racconta la propria nascita come se fosse la nascita di ogni “visione” oggi in occidente. Mostra di che materia e di che tempo è fatto e siamo fatti. Racconta del lavoro necessario alla propria esistenza trasformandolo in materia prima. Mostra la profonda connessione esistente tra le diverse arti, dalla pittura all'arte digitale, e quanto sia arbitraria la loro separazione per generi. Racconta di quanta materia sia necessaria per creare l'immaterialità del mondo elettronico, e racconta anche di quanta immaterialità sta dietro ad ogni azione concreta. Mostra anche quanto siano rimaste sostanzialmente intatte le problematiche legate al rapporto tra reale e immaginario, tra reale e virtuale dagli anni '90 ad oggi. All'inizio
degli anni '90 arrivò nel mondo la “realtà virtuale”, e nel '93
partecipai con altri artisti e critici alla stesura del documento
“Per una nuova cartografia del reale” in cui si annunciava e si
auspicava la fine del predomino della vista su gli altri sensi e si
diceva: la sfida dell'universo di immagini-immondizia, della fiera
delle volgarità che la morente civiltà di massa ci scarica addosso,
non può essere vinta dall'atteggiamento di aristocratico disdegno
che riafferma la preminenza della "distanza critica" fra il
soggetto e l'oggetto, l'unicità del corpo come centro di gestione e
di interpretazione dell'esperienza. L'"aurea regola" della
corretta distanza tra il quadro e l'osservatore, la costituzione di
un unico e privilegiato punto di fuga come chiave di lettura della
prospettiva, non funzionano più quando tutti siamo dentro al quadro,
tutti siamo parte del tessuto audiovisivo, del flusso sensoriale che
caratterizza l'esperienza contemporanea. Era forte in quegli anni l'idea che gli artisti potessero ancora confrontarsi direttamente con la cultura di massa, con la televisione e i media, dimostrandone l'inganno e mostrandone utilizzi meno volgari, più creativi e democratici. Decostruire per creare altre visioni, possibilità e mondi. L'invito era rivolto al mondo dell'arte perché provasse ad uscire dagli spazi protetti delle gallerie e della tradizione, anche moderna, legata ad un ruolo consolatorio o al massimo provocatorio dell'artista. Ma l'invito purtroppo non è stato ascoltato ed oggi ci ritroviamo a dover ribadire concetti e riproporre esperienze che speravamo ormai superate alle soglie del terzo millennio. Infatti la grande maggioranza degli artisti ha preferito assoggettarsi alle regole del “mercato mediatico televisivo”, (che tenta continuamente di ingabbiare anche Internet e le libertà digitali) pensando che fossero le “uniche e giuste” regole del “fare elettronico”. Non a caso un critico d'arte, docente in una Accademia di Belle Arti e arroccato su concezioni ormai obsolete, mi chiese stupito durante un incontro pubblico: - Ma perché voi artisti video non vi mettete a fare la pubblicità o la televisione? -. La risposta fu:- Perché non ci vogliono. Perché noi utilizziamo e proponiamo modalità e visioni che sono in netto contrasto con il mercato televisivo. Loro vogliono e coltivano spettatori silenziosi e ignoranti da conquistare alla propria causa, noi cerchiamo persone intelligenti con le quali confrontarci. Esistono modi diversi di utilizzare le tecnologie e non solo quelli pubblicizzati dai media.- Così dopo vent'anni rieccomi a proporre Rivel'Azione con la coscienza che “l'inganno mediatico-visivo” è diventato ancora più forte e l'auspicio che le azioni artistiche possano comunque servire a migliorare il mondo. |
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