1. Qual'è nel tuo lavoro il rapporto fra il "verosimile", cioè
l'immagine riconoscibile, e l'immagine astratta? E quando si è verificato
-se si è verificato- un passaggio verso una maggiore astrazione?
* Ho sempre pensato che il valore delle immagini video sta prima di
tutto nel loro essere comunque "astratte". Più del cosa rappresentano
è importante il come: il colore, la luminosità, il contrasto,
il ritmo e la qualità del movimento interno o del montaggio, il
rapporto con il suono. Ho iniziato scarabocchiando le immagini dei telegiornali
in modo da astrattizzarle fino alla perdita completa della riconoscibilità
del soggetto ripreso. Ho fatto anche delle videolettere utilizzando immagini
astratte. Poi ho lavorato molto per il video-teatro così ho approfondito
il rapporto con l'immagine "verosimile", cercando comunque di segnalare
sempre anche le qualità astratte della visione. Importante è
stato realizzare la video performance "Ri:- immagini d'eco" nel '92, durante
la quale creo dal vivo quasi 50 minuti di immagini astratte. E' un progetto
che ho tenuto nel cassetto alcuni anni. Dopo aver lavorato con la narrazione
in video (con l'esperienza del tele-racconto) volevo verificare le possibilità
di tenere l'attenzione dello spettatore, di comunicare, senza dover rappresentare
cose o storie conosciute. Ha funzionato, anche con pubblici diversi e di
"non addetti", perchè ho trovato forme archetipe che ho accompagnato
con musiche "etniche riconoscibili". Il fatto è che, contrariamente
a quanto si dice normalmente, le immagini di per se non significano niente:
qualsiasi cosa rappresentino è la cultura dello spettatore che gli
da valore e significato; comunque sotto ogni immagine c'è come una
griglia, una forma "geometrica" archetipa che la sostiene: questo sono,
in un certo senso, le immagini che chiamiamo astratte; ma anche queste
bisogna saperle leggere.
2. A volte si ha la senzazione che nei video astratti le macchine acquistino
maggiore autonomia rispetto agli autori, come se in questo modo si esprimesse
"l'inconscio" dell'apparato tecnologico. E' vero che in questi casi l'autore,
più che cercare trova?
*Se non si cerca non si trova. Le macchine non si accendono e non si
programmano da sole. Comunque sono gli autori che scelgono quali sequenze
e in che modo usarle. E l'inconscio che viene fuori alla fine è
sicuramente quello dell'autore-in-rapporto-alla-tecnologia, anche se decidesse
di lasciar fare tutto alla macchina. Comunque proprio per affrontare e
risolvere il sospetto di autonomia della macchina ho deciso di realizzare
"Ri:-" come performance piuttosto che come tape. Così gli spettatori
vedono il lavoro necessario per attivare, scegliere e controllare le immagini
"autoprodotte" dal video.
3. Il balletto informale delle immagini cerca di modificare lo stato
di coscienza di chi guarda, vuole influenzare il suo stato d'animo?
*Per quanto riguarda il mio lavoro si. A me interessa provocare emozioni
e non solo riflessioni. La cosa importante, secondo me, è che le
immagini astratte sono più ecologiche di quelle figurative: propongono
un' esperienza diretta con la percezione visiva senza dare l'illusione
di rappresentare il reale. Di fronte ad una buona sequenza astratta si
possono provare buone emozioni, qui e ora, senza sentire poi la necessità
di dovere ricreare nel mondo reale quello che si è visto, perchè
l'esperienza percettiva "con" l'astrazione appartiene già al mondo
tattile. Le rappresentazioni figurative creano mondi paralleli, che confondono
la percezione del reale sovrapponendovi la loro ombra, mentre quelle astratte
intervengono direttamente nel mondo, senza simulare altro che se stesse
e senza alterare la percezione del reale. La confusione tra immagine e
mondo è uno dei grossi disastri ecologici del nostro tempo.
4. Le immagini astratte sono addirittura diventate un genere del videoclip
e sono sempre più diffuse le citazioni del cinema sperimentale americano
anni Sessanta. Ma esiste, al di là delle citazioni e delle rielaborazioni,
una linea evolutiva nella ricerca con le immagini astratte? Oppure le variazioni
consentite sono nell'ambito di un ventaglio comunque limitato?
*Secondo me di clip astratti se ne vedono ancora pochissimi,
ed è un vero peccato perchè potrebbero esaltare al massimo
le qualità dei brani musicali. Ci sono ancora troppi "cinematografari"
che si occupano di video. Immagino che per cinema sperimentale anni Sessanta
si intenda quello legato alla cultura psichedelica: infatti si rivedono
quelle immagini perchè c'è un ritorno di quel tipo
di cultura. Secondo me si è un bloccata la ricerca perchè
si è bloccato in generale un tipo di mentalità e azione artistica.
Sarebbe interessante vedere come e perchè è accaduto, e soprattutto
chi ci ha guadagnato. Gli anni Ottanta sono stati veramente devastanti.
C'è comunque una linea evolutiva molto vicina all'astrazione, che
io chiamo del "de-realismo" che continua ad andare avanti soprattutto nei
videoclip. Comunque se non si sviluppa una cultura in grado di "comprendere"
l'astrazione non può esserci nemmeno uno sviluppo dell'astrazione.
Comunque il ventaglio di possibilità non mi pare limitato, sarebbe
come dire che le lettere dell'alfabeto o le sette note sono poche. Il fatto
è che ancora non abbiamo imparato a comporre, a "scrivere", con
l'astrazione. D'altra parte come forma "codificata" di espressione è
giovanissima, rispetto al figurativo.
5. L'uso di immagini astratte (o la contaminazione di immagini verosimili
con effetti di elaborazione e "snaturazione") consente solo una riflessione
sulla percezione e una lettura dinamica e poetica delle immagini oppure
può consentire anche l'elaborazione di un discorso più complesso?
In altre parole: il mondo si può raccontare solo con immagini "realistiche"?
* Il mondo non si può raccontare
in nessun modo, tantomeno con le presunte immagini "realistiche". Quello
che di solito si racconta è l'immaginario dell'autore sul mondo,
e tra immaginario e mondo c'è sempre una bella differenza. Qualsiasi
immagine è propaganda del pensiero dell'autore: più è
realistica più è autoritaria, in quanto tende a nascondere
la soggettività della visione impedendone la messa in discussione;
attraveso la "snaturazione" invece si segnala la soggettività del
racconto e la sua discutibilità. La pretesa di riuscire a raccontare
il mondo appartiene al "delirio di onnipotenza" della civiltà industriale
occidentale, superare questo tipo di pretesa per me è fondamentale.
Penso ci sia ancora molto da fare nel campo dell'astrazione e del "de-realismo"
(specialmente con le tecnologie digitali), le possibilità offerte
da questo tipo di immagine-pensiero sono state appena sviluppate; il fatto
è che molti artisti si sono fermati alla scoperta del segno o dell'effetto
senza preoccuparsi di contestualizzarli in un "racconto" che utilizzi lo
spazio-tempo della fruizione con lo stesso rigore e disincanto della musica:
molti si sono fermati all'esposizione del concetto senza poi metterlo in
gioco, anche per questo la ricerca si è impantanata: sono state
fatte troppe cose noiose con la scusa di fare arte.
04/01/96