La televisione sono solo figurine
L'ARTE OBSOLETA DI ORLAN E STELARC
di Giacomo Verde
Scrivere e riflettere su Orlan e Stelarc nasce dall'esigenza di fare chiarezza,
all'interno del cerchio degli interessati all'arte contemporanea, sul valore
del lavoro di questi due artisti che così vistosamente sono venuti
alla ribalta in questo ultimo periodo. Quello che più mi lascia
perplesso è che vengano portati ad esempio di nuova arte della mutazione
(corpi mutanti), soprattutto in rapporto alle nuove tecnologie digitali,
quando a me pare evidente la qualità pre-digitale e "gattopardesca"
del loro agire, ovvero: "cambiare tutto per lasciare tutto uguale". Inoltre
mi pare evidente lo scarto esistente tra le loro affermazioni, in parte
condivisibili, e le loro azioni o l'effetto delle loro azioni.
Ma andiamo con ordine iniziando da Olran.
La prima contraddizione che salta, non a caso, agli occhi è che
tutto l'agire di Orlan si basa su un corpo concepito come oggetto da vedere-mostrare
separato da una mente-soggetto-volontà che vede e usa il corpo come
materia duttile in cui incarnarsi. E questo non mi pare per nulla innovativo
o mutageno: l'evoluzione del pensiero dominante e dell'agire religioso-industriale
in Occidente si è sempre basato sulla convinzione della dicotomia
pensiero-corpo, spirito-carne. Dicotomia che Orlan ripropone quando afferma
di voler usare il suo corpo come luogo di dibattito pubblico. La novità
di Orlan sta nel fatto che sceglie di usare la propria carne (da non confondere
con il corpo) come materia scultorea piuttosto che il marmo o la plastica,
ma nella sostanza non si discosta per niente dalla concezione tradizionale
e conservatrice del ruolo dell'artista che deve realizzare oggetti che
incarnino lo spirito estetico dominante nel suo tempo da immettere sul
mercato dei ricchi compratori, più o meno feticisti. Lo scandalo
le è permesso, ed è economicamente sfruttato e condiviso,
da chi confonde il corpo con la carne, da chi pensa che il corpo sia la
carne e non l'unità mente-carne, come ci ha spiegato così
bene G. Baetson (uno degli inventori della cibernetica); la carne è
pensante e cercare di dominarla chirurgicamente, ideologicamente, è
quanto di più ottuso e tradizionale esista in Occidente e non ha
niente a che vedere con una vera mutazione di pensiero-azione che si basi
su concetti di armonizzazione, rete e complessità (come ci indicano
le tecnologie digitali) piuttosto che su miglioramenti del controllo tecnologico
della natura (così come è ancora per il pensiero industriale).
Quando Orlan sostiene di voler segnalare "la possibilità di andare
altrove", la libertà di essere quello che si vuole attraverso il
cambiamento della propria carne, sostiene in realtà che soltanto
cambiando carne, colore della pelle, si possa veramente essere altro ed
anche questo è terribilmente superato come concetto, sia dalle esperienze
delle multi identità telematiche che dalla pratica del transgenderismo
(vedi Helena Velena) che dimostrano come immediatamente si possa essere
altro senza ricorrere a costose operazioni chirurgiche. Paradossalmente
Orlan sostiene con i fatti il pensiero che apparentemente intende combattere,
infatti pare sempre più inserita nel sistema dominante dell'arte,
che a conti fatti non si scompone minimamente di fronte alle sue operazioni,
anzi ne viene rinforzato da una patina di scandalosa modernità.
Quando afferma ingenuamente che "l'arte deve cambiare il mondo" e che l'artista
"dovrebbe essere un pioniere e un precursore" fa riferimento a concetti
ottocenteschi che vedono l'artista separato - in avanti - dal contesto
sociale e dalla massa dei fruitori che poi seguiranno le sue illuminanti
orme. A me pare piuttosto che sia il mondo che cambia l'arte e che i veri
precursori non hanno quasi niente a che fare con l'aura artistica: infatti
Orlan è comunque indietro rispetto a Michael Jackson o alla Parietti
in campo chirurgico, ad Elena e al transgenderismo rispetto al discorso
sull'identità e agli inventori delle cooperative internazionali
del commercio equo-solidale rispetto al ruolo dell'arte nel mondo.
L'opera di Orlan è veramente la reincarnazione del vecchio che si
trasforma per continuare a mantenere il controllo sotto nuove spoglie,
stavolta offerte dal progresso tecno-chirurgico, ammantate di santità
artistica; forse è uno scherzo dell'inconscio il fatto che la prossima
operazione trasformerà il suo naso come quello di Pinocchio e che
la sua opera finale sarà la mummificazione; possibile che non si
renda conto di cosa significhino? E che non se ne rendano conto i propugnatori
del nuovo?
Io non penso che il corpo sia intoccabile, mi piacerebbe avere delle protesi
tecnologiche che potenzino le mie capacità, ma quello che bisogna
toccare prima di tutto sono i concetti di corpo, natura, tecnologia e arte
e mi pare che Orlan non proponga vere mutazioni di questi concetti, come
del resto anche Stelarc benchè più attuale e provocatorio.
La contraddizione più evidente di Stelarc è lo slogan che
lo contraddistingue: "il corpo è obsoleto". Ma a me pare che le
sue performance dimostrino al contrario l'alto grado di adattabilità
del corpo, se inteso come macchina: lo appende con dei ganci per la pelle,
gli applica elettrodi che stimolano i muscoli, gli inserisce minisculture
mobili nello stomaco e nonostante questi numeri da fachiro riesce sempre
a funzionare: non esiste ancora macchina capace di emulare le capacità
del corpo. Piuttosto continuare a concepire il corpo come macchina a me
pare piuttosto obsoleto. Una delle novità segnalate dal contatto
con le tecnologie digitali e la loro diffusione è che il concetto
di corpo è esploso, disseminato (come scrive Caronia): già
oggi possiamo fare esperienza di un corpo-essere composto di elementi,
parti e informazioni che vanno oltre quelle tradizionalmente o biologicamente
intese: i nostri piedi sono anche automobile o telefono, la nostra pelle
è anche casa e gasolio da riscaldamento, i nostri occhi anche telecamere
o rete elettrica, la nostra memoria anche computer e sviluppo foto rapido,
il nostro stomaco è anche cibo a microonde e pizza a domicilio ecc.
ecc. Mai come oggi il nostro essere-corpo è stato collegato, connesso,
ad una rete così articolata di eventi, cose, altri esseri-corpo.
Siamo corpi-nodo tecno-esistenziali. Quando Stelarc afferma che il corpo
è obsoleto parla di un corpo che già non esiste più:
è quello che s'immaginavano e vivevano gli esseri dell'era industriale.
Oggi i nostri corpi, intesi come insieme di carne, sensi, pensieri, tecnologia
e comportamenti, sono più avanti delle nostre idee e delle nostre
coscienze, altrimenti non riusciremmo a vivere. Il problema è riuscire
a trovare concetti adatti a descrivere questo dato di fatto e opere che
vadano oltre la rappresentazione, che siano in grado di attivare efficacemente
questo nuovo e articolato statuto del corpo. Le affermazioni e le opere
di Stelarc sono obsolete. Il corpo, inteso come nodo tecno-esistenziale,
non è mai obsoleto perchè è in continua mutazione
e affermare che il corpo va riprogettato per adattarlo alle tecnologie
significa continuare ad immaginarsi un corpo separato da una mente industriale
che progetta; significa non rendersi conto che tutta la tecnologia che
ci pervade è stata generata dal corpo per se stesso. Anche il pensiero,
la teoria, è generata dall'esperienza del corpo: pensare che l'immaginare
e il teorizzare appartengano al futuro è illusorio.
Mi sorprende che Stelarc, pur intuendo e vivendo come molti occidentali
la mutazione in atto, non riesca ad immaginare opere e concetti che vadano
oltre il corpo-macchina. Forse è rimasto ancorato alle concezioni
elettro-meccaniche, piuttosto che cibernetiche, così diffuse negli
anni 70, quando ha appunto iniziato a realizzare le sue performances? Immaginarsi,
e assemblare, terze o quarte mani robotiche appartiene ad una concezione
meccanicistica dell'essere già evidentemente superata, come pensare
di riprogettare la pelle per realizzare processi di fotosintesi significa
limitare il corpo ad una concezione bio-medica già in via di superamento.
Inoltre pensare che l'alto livello di informazioni disponibili non siano
assorbibili e processabili dall'uomo è conseguenza di una visione
che prende per valide solo le informazioni coscientemente selezionate mentre
invece il corpo-nodo è oggi in grado (ma forse lo è sempre
stato) di scelte e processi che vanno oltre il controllo e la comprensione
della mente umana, la quale deve ormai arrendersi al fatto di essere una
parte e non il centro di controllo dell'essere: in questo consiste il post-umano
e non in corpi con innesti tecno-genetici da super-eroe, che se anche si
attueranno saranno il risultato della mutazione dell'esistente e non la
causa. Un altro segno dell'obsolescenza del lavoro di Stelarc sono i suoni
che usa nelle performance: campionamenti di suoni industriali assemblati
secondo schemi concettuali piuttosto che per valore percettivo. Qualsiasi
D.J. rave è molto più avanti sul rapporto suono-corpo-tekno.
Quindi riassumendo: quello che secondo me confina le opere di Stelarc e
di Orlan in una vecchia cartografia del corpo e dell'esistente è
il loro insistere sulla separazione gerarchica tra mente/progetto/tecnologia
da una parte e carne/uomo/natura dall'altra. Ancora si sente l'influenza
di un soggetto che vuole controllare e modificare se stesso e l'ambiente
circostante per ricalcare un'immagine predeterminata, piuttosto che sentire
complessivamente l'esistente sentendosene oggetto integrante. Il loro agire
appartiene ancora alla dominante società dello spettacolo, dell'immagine,
che i loro corpi-nodo riescono a sfruttare più o meno sapientemente
per la propria sopravvivenza senza metterla veramente in crisi.
Fare cose nuove, cose mai fatte prima, o usare nuove tecnologie non vuol
dire essere dalla parte della mutazione (se è vero che la mutazione
è verso un miglioramento) anche perché non esiste "il" nuovo
o "la" mutazione bensì diversi modi di affrontare e sviluppare "le"
mutazioni e "i" nuovi possibili. Alcuni mutamenti infatti sono restaurativi
di modelli e rapporti di potere basati sulla sopraffazione arbitraria e
la disinformazione, e sono migliorativi solo per quella minoranza che ne
trae profitto. Per esempio le reti telematiche possono essere un reale
mezzo di democrazia oppure un nuovo mezzo di controllo sociale, dipende
da chi e come verranno gestite. Così oggi pensare di fare arte senza
mettere in crisi l'aura estetica, il ruolo dell'artista e la sua presunta
superiorità creativa, senza preoccuparsi di andare oltre il circuito
dell'arte e il suo mercato di feticci, senza tenere conto dei contesti
psico-economici vuol dire schierarsi e alimentare uno stato di cose, che
secondo me ha poco a che vedere con una reale mutazione che sia a favore
della maggioranza esistente.
Ognuno è libero di seguire la sua ispirazione, la sua mutazione,
ma è bene chiarire da che parte si sta, perché credere che
l'arte sia neutra e valida per tutti, indistintamente, è frutto
di disinformazione o cattiva fede.
Se dovessi pensare ad un'opera definitiva, sulla falsa riga di Orlan, rispettando
il ruolo di videoartista che a volte interpreto, metterei a disposizione
delle telecamere di Internet la decomposizione del mio corpo (non so se
mi spiego) ma non lo farò perché spero di dissolvere e distribuire
così bene il mio "agire artistico" in modo che a nessuno freghi
niente del corpo di Giacomo Verde.
Naturalmente non ho scritto tutto quello che penso, e mi rendo conto che
ci sono diversi sottintesi non espressi apertamente ma sono pronto ad esplicitarli
se si renderà necessario in altri scritti o dibattiti.
Per ora è tutto.
Giacomo Verde
Dic. 95
immagini tratte dal Video "Trasmissione AnTiVirus(h)"
La televisione : sono solo figurine